domenica 5 aprile 2020

La banalità del male (3)

Di tanto in tanto la commedia sfociava nell'orrido, in storie - probabilmente abbastanza vere - in cui il macabro umorismo superava ampiamente la fantasia di un surrealista. Tale fu la storia che Eichmann raccontò in istruttoria a proposito dell'infelice consigliere commerciale Storfer, di Vienna, rappresentante della comunità ebraica. Eichmann aveva ricevuto da Rudolf Hoss, comandante di Aushwitz, un telegramma in cui lo si informava che Storfer era stato internato e aveva chiesto di vederlo con urgenza. "Dissi tra me e me: in fondo quest'uomo si è sempre comportato bene e merita che io gli dedichi un po' del mio tempo... Andrò di persona a vedere che cosa vuole. E così vado da Ebner [capo della Gestapo a Vienna], ed Ebner dice (ricordo solo vagamente): 'Se non fosse stato così scemo! Si è nascosto e ha cercato di scappare', o qualcosa del genere. E la polizia lo aveva arrestato e mandato nel campo di concentramento, e secondo gli ordini del Reichsfuhrer  [Himmler] nessuno poteva uscire, una volta entrato. Non si poteva far nulla: né io né il dottor Ebner né alcun altro poteva far nulla. Io andai ad Aushwitz e chi chiesi a Hoss di vedere Storfer. 'Già, già [disse Hoss], è in una delle brigate di lavoro'. Con Storfer, dopo, andò bene, fu una cosa normale e umana, avemmo un incontro normale, umano. Lui mi raccontò tutti i suoi guai. Io dissi: 'Sì, mio vecchio caro Storfer, è proprio una scalogna!'. E gli dissi anche: 'Vede, purtroppo non La posso aiutare perché secondo gli ordini del Reichsfuhrer nessuno può uscire. Io non posso farLa uscire; il dott. Ebner neppure. Ho sentito dire che Lei ha fatto uno sbaglio, che si è nascosto o voleva scappare, eppure non c'era bisogno che Lei facesse una cosa simile' [in quanto funzionario ebraico, Storfer non poteva essere deportato]. Non ricordo che cosa mi rispondesse. E poi gli chiesi come stava, e lui mi disse che voleva sapere se poteva essere esonerato dal lavoro, era un lavoro duro. E allora io dissi a Hoss: 'Lavoro - Storfer non vuole lavorare'. Ma Hoss disse: 'Tutti lavorano qui', e allora io dissi: 'Se è così, dissi, farò un discorsino perché Storfer debba tenere in ordine i viottoli con la scopa (c'erano pochi viottoli, lì) e perché abbia il diritto di sedersi con la scopa su una panca'. Dissi [a Storfer]: 'E' contento, signor Storfer? Le va?'. Lui era tutto soddisfatto, ci stringemmo la mano, e poi gli fu data una scopa e si sedette sulla panca. Fu una gran gioia per me potere almeno rivedere l'uomo con cui avevo lavorato per tanti anni, e poterci parlare". Sei settimane dopo questo incontro normale e umano Storfer era morto - non nelle camere a gas, a quanto pare, ma fucilato.

- H. Arendt, La banalità del male, pp. 58-59

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